-Ti vedo che sei laggiù, sai? Perché continui a nasconderti? Vieni fuori.

-Ciao.

-Oddio. Sei una tartaruga parlante?

-Non sono una tartaruga parlante. Sono il tuo daimon.

-Il mio Digimon?

-Il tuo daimon, imbecille.

-Daimon? E cosa sarebbe?

-Siamo entità sospese fra due mondi, esseri in grado di vivere su due piani, quello terrestre e quello spirituale.

-Sarà, a me continui a sembrare una cazzo di tartaruga parlante.

-Beh, ognuno di voi vede il proprio daimon secondo una diversa forma. Se mi vedi come tartaruga, dovresti domandarti perché mi vedi sotto questa forma.

-Sei tipo un animale guida?

-No.

-Beh, quello che hai descritto mi sembra proprio un animale guida, un totem.

-Senti, tu non sei Toro Seduto e non siamo nelle praterie del Wyoming. Parliamo di antica Grecia. Repubblica, agorà, partenone, filosofi. Platone, Socrate, vecchi con la barba e le toghe bianche. Chiaro il concetto? Sono un’entità spirituale che vive a metà fra il vostro mondo e l’iperuranio, dove risiedono i concetti stessi delle cose.

-Sei tipo un famiglio, però buono.

-No, non sono un famiglio, un animale guida, o un totem o una reincarnazione di Visnù. Sono un cazzo di daimon. Avessi studiato di più Platone, piuttosto che pensare a quella ragazzina della seconda D che ti piaceva, non staremmo facendo questi discorsi.

-Era davvero carina, con quei capelli ricci e quelle lentiggini. Com’è che faceva…

-Scalzi.

-Michela Scalzi! Pensa te, me n’ero quasi dimenticato.

-Lei, lei. Se avessi pensato meno a lei e più a Platone non sarei così in difficoltà a spiegarti chi sono.

-Come ti chiami?

-Non ho un vero e proprio nome. È più come ti senti di chiamarmi, sono il tuo daimon, il nome lo scegli te.

-Beh, visto il tuo aspetto avevo pensato di chiamarti Darwin.

-Perché Darwin?

-Perché sei una tartaruga.

-Comunque Darwin alle Galapagos studiava le testuggini. Sei proprio un ignorante.

-Voi daimon siete tutti così stronzi?

-Non tutti, ma io sì. In fondo sono il tuo daimon.

-Touchè. Allora, mi vuoi spiegare perché sei qui? È da un paio di settimane che non faccio altro che vederti. Quando prendo la macchina, quando faccio la spesa, quando passeggio per strada. Santo cielo, l’altro giorno ti ho intravisto pure mentre stavo al cesso.

-Sei tu che inconsciamente scegli quando e dove vedermi, io ho davvero poco a che fare con questo. Senti, spiegarti tutto per filo e per segno stiamo qui due giorni, a fare un ripasso sulle basi della filosofia platonica. Perciò la faccio breve. Noi daimon possiamo essere visti dal nostro opposto soltanto quando questo è felice. Quindi se mi vedi e riesci a parlare con me a quanto pare hai fatto jackpot. Sei felice.

-Sono felice?

-Proprio così.

-Come fai a dirlo scusa?

-Non lo dico. Lo so. Noi daimon possiamo essere visti solo quando la nostra controparte umana è felice. È come chiedere a un pinguino che migra dov’è l’ovest, non te lo sa spiegare, lo sa e basta.

-Quindi il fatto che io ti vedo comporta che sono felice? Non si possono essere sbagliati ai piani alti?

-Senti, il mondo si basa su regole certe, se te mi vedi, vuol dire che sei felice. Il fatto che tu non te ne renda conto mica è affare mio, senza rancore.

-Facile per te. Arrivi qua e pretendi che io mi beva questa storiella su Digimon, iperurani e altre robe spirituali che sembrano uscite da un seminario di Scientology. Mi dici che te arrivi e io dovrei sentirmi felice, ma come faccio a essere felice, se neanche io so cosa mi rende felice?

-Sai, paura, invidia, rabbia, ci sono un sacco di sentimenti che puoi razionalizzare. Però la felicità non c’entra niente con gli altri. È solo follia, lucida follia. Puoi solo afferrarla, appena ti passa davanti. Anzi, devi afferrarla, perché non passa tanto spesso. E non devi porti domande su ciò che la gente pensa sulla tua felicità. Gli altri non la possono vedere. È un universo solo tuo. Guarda dentro il tuo guscio, testone. Sai, spesso basta poco per acchiapparla, la felicità. Alla fine può anche essere solo una giornata che gira bene, no? Uno di quei giorni in cui trovi subito la mascherina in fondo alla tasca, azzecchi il lato della chiavetta USB al primo tentativo, riesci a girare una frittata senza romperla o becchi qualche semaforo verde nel mentre che stai andando in ufficio. Quello che devi capire è che la felicità non la puoi analizzare, puoi soltanto viverla.

-Quindi dici di non farmi troppe domande e di vivere il momento?

-Esatto, carpe diem.

-Carpe diem… Senti, solo un’ultima cosa.

-Dimmi.

-Casomai ci dovessimo rivedere, preferisci il cavolo o la lattuga?

pfz