Sabato, ore 9.32.

A mio avviso, le nove e mezza di un sabato mattina rappresentano l’orario perfetto per recarsi a fare la spesa nel fine settimana. Di fatto, è il momento della giornata più calmo, prima che orde di famiglie marcino verso il centro commerciale o che carovane di anziani convergano verso le casse.

Sono fermo immobile davanti al banco del pesce, mentre la signora davanti a me si sta facendo imbustare una quantità di pesce sufficiente a sfamare una vasca di orche assassine.

Inizio a guardarmi intorno per capire cosa cucinare. Scartati i molluschi, i gamberi e i pesci interi, il banco offre tre possibilità di scelta: filetto di salmone, pesce spada o tonno.

Ci penso davvero poco. Non sono abbastanza ricco per il pesce spada, non ho abbastanza pomodorini per il tonno, ma ho riso sufficiente per il salmone.

Intanto la signora, dopo aver fatto pulire altre due orate alla commessa, si sente soddisfatta. Dopo aver recuperato le buste contenenti circa un quarto della fauna ittica dell’acquario di Cattolica, si allontana e mi cede finalmente il posto.

– Cosa prendi? – mi chiede la commessa, guardandomi con attenzione.

– Duecento grammi di salmone. – rispondo.

Senza distogliere gli occhi da me, prende un filetto di salmone e lo pesa. Quattrocento grammi. Si dirige verso il piano da taglio, continuando però a lanciare degli sguardi nella mia direzione.

Dopo aver tagliato a metà la fetta, ripone nuovamente la fetta per una seconda pesatura. Duecentodieci grammi, un taglio salomonico, o visto il contesto: salmonico.

– Vuole altro? – mi domanda sorridente.

– No grazie. – rispondo.

Stampato lo scontrino e chiusa la busta, nel passarmi la spesa noto che la commessa mi fissa ancora.

– Ma ti hanno mai detto che somigli a Diodato?

– No. – rispondo cercando di limitare il mio imbarazzo.

– Gli assomigli tanto, secondo me. – mi dice passandomi la busta con il salmone.

– Ah. Grazie. – balbetto.

La prossima volta prendo il tonno.

pfz