Cara signora della Touran grigia,

spero che tu, e mi permetto di darti del tu visto il legame ormai indissolubile che si è creato fra noi, possa un giorno leggere queste mie righe.

Prima ancora che il sole sorgesse o che l’orologio della piazza centrale facesse i suoi otto rintocchi, tu erila mia unica certezza.

Tutte le mattine, quando mi avviavo a prendere la macchina per andare in ufficio, tu eri lì, appollaiata dentro la tua Touran grigia, in agguato come un rapace che attende la sua preda.

Ho sempre ammirato il tuo rinnovato stupore nell’incrociare il mio sguardo, mentre con la mano mi facevi cenno per chiedermi se sto uscendo dal parcheggio, pur conoscendo benissimo la risposta.

Tuttavia, come si confà ad ogni rito, ogni mattina pronunciavi la tua formula, in attesa della mia benedizione prima di parcheggiare nel mio posto.

Come per Ra e Apophis, costretti ogni giorno a combattere per il passaggio verso un nuovo dì, allo stesso modo il nostro incontro sanciva come uno spartiacque la nostra giornata.

Ed è per questo profondo legame che ci ha accomunato che oggi ti scrivo queste righe dispiaciuto.

Sì, perché da qualche mese, io ho unilateralmente spezzato quel tacito patto avevamo stretto.

Ti immagino sperduta, depauperata nell’animo dal mio tradimento, gli occhi gonfi di lacrime nel constatare che oggi non verrò.

E mentre attendi invano il mio arrivo, dedico questo panegirico al nostro rapporto, nella speranza, un domani, di ricontrarti e cederti nuovamente il mio posto.

Il tuo caro amico,

Quello della Peugeot nera

pfz