Sono le otto e mezza del mattino, la brina mattutina lascia spazio al primo tiepido sole che si affaccia timidamente sulla giornata.

Il treno è in perfetto orario, una rarità per le ferrovie italiane, così riesco di prendere posto in poco tempo.

Questa è la storia della Carrozza 12.

Posti 45 e 46

– Trimone!

Esclama la ragazza riccia del posto 45, visibilmente contrariata di fronte all’ennesimo tentativo da parte del ragazzo seduto al 46 di titillare con la falange dell’indice il lobo dell’orecchio di lei.

Mentre con la mano scaccia via il dito del giovane, la ragazza cerca di tirare su la sciarpa caduta all’interno dell’intercapedine fra i sedili.

– Siamo già arrivati. – domanda lei mentre si stropiccia gli occhi.

– No. – risponde lui, mentre prosegue imperterrito a ravanare nel suo orecchio – Siamo a Reggio.

– Calabria.

– Eh certo, mo’ Milano sta giù. – dice lui mentre cerca di re-infilare il dito nel suo orecchio.

La mano di lei allontana nuovamente il dito molesto, condito questa volta da una bestemmia.

– Che ore sono? – chiede lei.

– E che iu devo saperlo? Dimmelo tu, scusa. – risponde stizzito lui mentre con eleganza si pulisce il dito sul giaccone.

– Antipatico. Sono le otto e mezza. – risponde lei tirando fuori dalla tasca il cellulare.

– Colazione ormai. – fa lui, intento a strapparsi le pellicine.

Dopo aver riposto il cellulare, la riccia inizia a frugare all’interno della borsa, riemergendo pochi secondi dopo con in mano un sacchetto di carta avana madido di olio, anch’esso visibilmente provato per il lungo viaggio.

Non prima di aver cosparso il tavolino di fazzoletti, la ragazza tira fuori dal sacchetto il corrispettivo di un A3 di focaccia.

– Ne vuoi un po’? – domanda lei al simpaticone.

– Eh, ma come la tagli?

– Ti lascio quella che non mangio, che ti fa schifo?

– Ma va. Fatto peggio.

– Vorrei ben vedere.

– Sbrigati che ho fame.

Dopo che lei ha finito di gustare il pezzo di focaccia, tamponando come un attento strumentista ogni singola goccia d’olio, è il turno del burlone, che non tarda a sentenziare.

– Oh però, buona e buona. Un po’ meno d’olio però.

– Oh. – risponde lei – Mamma la fa così.

– Ah, ma l’ha fatt’ mamm’t’?

– Eh certo. Che l’aggiu fatta iu?

– Potevi averla comprata.

– Potevi farti li cazzi tua e mangiare.

Stavolta è lui, colpito nell’onore, ad ammettere sconfitta, mentre morde indispettito un altro pezzo di focaccia.

– Trimone.  – conclude lei, asciugandoli una macchia d’olio sul volto.

Il treno riparte.

Posti 47 e 48

Che caldo, gli gnomi, le candele.

Con questo è l’undicesima volta che la ragazza del posto 47 guarda a tutto volume il video di un gattino che emette dei miagolii che assomigliano foneticamente a queste tre parole. Mentre lei, incapace di trattenere le risate, riproduce per la dodicesima volta il video, il giovane Harry Potter seduto al 48 sembra impossibile da separare dai suoi appunti.

Perso nel suo mondo di teoremi, postulati e  assi cartesiani riempiti con varie curve e rette, sembra essere inamovibile dal suo statuario compito.

Come una guardia reale britannica a Buckingam Palace, nessun evento sembra poter distogliere l’attenzione che Harry rivolge verso un teorema in particolare, il quale sembra estremamente complicato.

Così, mentre per la tredicesima volta il video viene riprodotto, e perfino il più serio dei passeggeri accenna una smorfia di sorriso, Harry continua insistentemente a scarabocchiare grafici e curve che puntualmente, dopo un breve attimo di esitazione, provvede a cancellare.

Ma alla quattordicesima ripresa, quando finalmente sembrava potercela fare, il ragazzo si ritira dal match proprio come Smokin’ Joe Frazier nel Thrilla in Manila.

Si copre la bocca con la mano, ma le sopracciglia e lo sguardo dietro gli occhiali non mentono.

Che caldo, gli gnomi, le candele.

Posti 43 e 44

– Non entra.

Bofonchia l’anziano signore (Mario) che dovrebbe occupare il posto numero 43. Mentre la moglie (Maria) si è già seduta nel posto affianco al finestrino, lui continua a combattere la sua personale crociata contro le cappelliere portabagagli del treno.

L’abnorme quantità di trolley e borsoni malamente parcheggiati all’interno del pure ampio spazio messo a disposizione rende infatti impossibile qualsivoglia operazione di stoccaggio della valigia, sebbene la stessa risulti notevolmente più piccola della media.

Incurante dell’orda di passeggeri che aumenta dietro di lui, Mario continua il suo improbabile tetris di valigie, cercando di coinvolgere gli altri membri della carrozza affinché la disposizione delle stesse venga effettuata secondo le sue direttive.

Il vecchio arringa psicologicamente i passeggeri che, come lui, non ha trovato posto nei portabagagli e hanno pertanto deciso di posizionare il bagaglio sotto il sedile.

Come un novello Mosè, Mario si pone come portatore di voce di un unico pensiero, quello della parità di disposizione di valigie all’interno del mezzo.

Pian piano tutti i passeggeri della carrozza, colpiti dalle parole del saggio, si adoperano per risistemare le cappelliere. Nel mentre, nelle retrovie una sommossa guidata dai viaggiatori che non hanno ancora raggiunto il loro posto a sedere.

Una volta che lo status quo del treno è stato sovvertito e tutte le valigie sono finalmente disposte secondo la logica proposta da Mario, quest’ultimo decide di sedersi, allontanandosi dallo scontro religioso che infuria fra coloro che sono già seduti al loro posto e coloro che ancora devono raggiungerlo.

Dopo una rapida occhiata alla valigia posizionata sopra la sua testa, Mario può finalmente sedersi al n. 43, di fianco alla moglie.

Questa, nel mentre che si sta sistemando i capelli con uno specchietto, sentenzia.

– Certo che sei proprio un cagacazzi!


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