Sono ormai passate le sette quando esco dall’ufficio e mi dirigo verso il supermercato vicino casa per comprare la frutta, i biscotti e la carne o le verdure necessarie a sopravvivere fino a sabato.

Dopo un paio di giri, certo di aver racimolato tutto il necessario per poter affrontare la settimana, mi reco velocemente verso le casse. Troppo tardi, la cassa, l’ultima ancora aperta, è assediata dai lavoratori dell’ultima ora come me.

I tempi di attesa per il pagamento di un pacco di biscotti, della frutta e un paio di verdure sembrano andare dalle due alle tre ere geologiche, e nessuno degli astanti sembra intenzionato a cedere anche solo di un centimetro la propria posizione. Men che meno il signore davanti a me, che mi fissa con la stessa pacatezza di un dobermann a cui cerchi di togliere l’osso. Resta solo la cassa fai da te, ma al momento è occupata da un anziano.

Sorge quindi un dubbio amletico, cedere il posto in fila e tentare la fortuna alla cassa automatica?

Da una parte, ci sono due uomini e due donne con carrelli pieni fino all’orlo, gli occhi spiritati e la bava alla bocca, mentre dall’altra c’è solo un innocente pensionato con quattro bottiglie di vino. Sebbene la decisione di spostarmi sembri logica, una vocina nel mio cervello mi continua a ripetere di non muovermi.

Messa a tacere la vocina, decido di abbandonare il posto in fila per tentare la fortuna alla cassa fai da te, sotto lo sguardo invidioso del signor Dobermann. Nel mentre, l’anziano passa la prima, la seconda, la terza e la quarta bottiglia, poi tira fuori dalla tasca un portafoglio in pelle nera dal quale estrae la carta di credito. Non mi sembrava così svelto, ma in un minuto ha già pagato e anche ripristinato parte della mia fiducia nel genere umano. Ora deve soltanto ritirare la spesa. Alla fine, pare sia valsa la pena scegliere la cassa automatica.

Ma la vocina ancora non è convinta.

Forse per un principio di Parkinson del pensionato, oppure solamente per far felice il sig. Dobermann, il vecchio, nel cercare di incastrare tutta la spesa in un sacchetto, fa inavvertitamente cadere una delle bottiglie. Il liquido inizia a spandersi lentamente per tutto il supermercato, mentre dagli altoparlanti si sente risuonare in tutto il locale “Mattia alla cassa cinque grazie, Mattia in cassa cinque”.

Il povero Mattia, chiamato ad arginare l’avanzata del vino, si mette subito d’impegno con uno scopettone a frange, mentre il vecchio, con calma serafica, si avvia verso l’uscita dopo essersi scusato con Mattia per l’inconvenevole.

Appare chiaro che quella quarta bottiglia non era così importante, ed evidentemente rappresentava solo un MacGuffin studiato ad arte per prolungare la mia permanenza. Mattia ci mette tutto l’impegno di cui è capace, ma il vino è un duro avversario, e sono necessari tre minuti per asciugare il macello lasciato dall’anziano.

Dopo aver terminato le pulizie, Mattia mi fa finalmente segno che posso finalmente pagare. Nell’altra cassa, il sig. Dobermann ha appena finito di pagare ed imbustare la sua spesa. Poco prima di uscire, mi rivolge un sorriso. Non è felicità, è più che altro una smorfia, un sorriso sardonico con il quale il Dobermann mette in mostra i canini, come per impaurirmi.

Pago in fretta ed esco finalmente dal supermercato giusto in tempo per vedere quella che suppongo essere l’auto del signor Dobermann prendere l’uscita in fondo alla strada.

I fari spariscono in lontananza nella nebbia, mentre sul suo volto, sono certo, lui sorride ancora.


pfz